Vogliamo ricalcolare l’effetto del consumo di carne sull’ambiente e sul clima? L’ha fatto or ora Nathan Pelletier della Dalhousie University in Canada. Fa parte del crescente numero di scienziati che studiano l’impatto del cibo dal campo alla tavola.

Ebbene, è confermato: dal punto di vista dell’ambiente, mangiare carne è peggio che guidare un Suv. Ma chi apprezza gli arrosti ha una via d’uscita: l’impatto ambientale della carne di pollo è 10 volte minore rispetto a quello della carne di manzo.

Il punto è che la carne bovina è un cibo molto inefficiente da produrre. E poi, i processi digestivi dei bovini rilasciano nell’atmosfera metano, un gas serra molto potente.

Se si tiene conto sia di questo sia delle granaglie che un vitello mangia prima di essere pronto per il macello, a un chilo di carne bovina corrisponde l’emissione nell’atmosfera di una quantità di gas serra pari all’effetto di 16 chili di anidride carbonica.

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Siamo al “picco dell’acqua”. Anche se miliardi di persone non hanno ancora accesso all’acqua, il genere umano usa già la metà dell’acqua accessibile.

L’informazione viene dal Pacific Institute, che usa il termine “picco dell’acqua” nel suo rapporto biennale “The World’s Water” appena pubblicato.

E se il 50% dell’acqua ancora non sfruttata sembra tanto, attenzione, dice il Pacficic Institute: quel 50% sta a indicare il punto critico, già raggiunto in molte zone, in cui abusiamo della capacità del pianeta di ammortizzare le conseguenze del nostro consumo d’acqua.

Del resto, guardate la distribuzione dell’acqua sulla terra: ce n’è moltissima ma – sottratti oceani e ghiacciai – quella effettivamente utilizzabile è solo una frazione molto esigua.

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Il pianeta è in crisi: crescita della popolazione, cambiamenti climatici, deforestazione, inquinamento…

Sono gli effetti del postulato della crescita economica infinita. Eppure, lo si vede in questi giorni di crisi finanziaria e crollo delle borse, i potenti della Terra tremano all’idea che la crescita economica si interrompa, e sono disposti a tutto per evitarlo.

Il New Scientist dedica una serie di articoli a come l’economia sta uccidendo la terra.

C’è un bel grafico che riassume tutti i temi: non solo clima, anidride carbonica nell’atmosfera e crescita demografica, ma anche sfruttamento delle risorse idriche, numero dei veicoli a motore in circolazione, sfruttamento degli stock ittici… Tutto o quasi, insomma.

E poi ci sono contributi di pensatori ed economisti “eretici” rispetto al postulato della crescita economica infinita, il cui principale limite sta nel fatto che le risorse offerte dalla Terra non sono affatto infinite.

Oltre all’introduzione, che comunque è illuminante, è possibile leggere per intero gratuitamente un paio di articoli. Segnalo quello di Tim Jackson. Ci ho trovato finalmente scritto che, invece di comprare l’ultimo modello di apparecchio a risparmio energetico, sarebbe meglio evitare semplicemente di comprare.

Era il 1987 quando il popolo italiano, con lo strumento del referendum, disse no al nucleare in Italia.

A seguito di quella decisione, nel 1999, fu creata la Sogin , società che ha come missione lo smantellamento delle ex centrali nucleari italiane.

Ebbene dopo un quarto di secolo, come conferma il consiglio di amministrazione della Sogin nelle linee guida del piano industriale 2008-2012, che più o meno ricalca quelle del 2007-2011, l’obiettivo è ancora quello dell’attività di dismissione delle ex centrali (decommissioning) e la riduzione dei costi di gestione.

Annunciando una previsione sull’avanzamento medio dello smantellamento delle ex centrali, che raggiungerà il 51% fra quattro anni, la Sogin si prefigge anche l’obiettivo di ridurre i costi esterni di funzionamento (nel 2007 sono stati pari a 36,2 milioni di euro), facendoli scendere a 27,5 milioni nel 2012 con una riduzione del 7% annuo.

Domanda: ma gli italiani che hanno detto no al nucleare e che stanno pagando i milioni di euro spesi pressochè inutilmente dalla Sogin in tutti questi anni, dovranno pagare contemporaneamente anche i costi delle nuove centrali nucleari annunciate dal nostro primo ministro durante l’inaugurazine del rigassificatore di Rovigo?

Ma davvero vogliono farci credere che il fotovoltaico è ancora troppo oneroso per risolvere i problemi dell’energia?

Si chiamano FuelCellSticker e sono l’ultimo ritrovato tecnologico della svedese MyFC. Fuel Cell supersottili in grado di ricaricare lettori mp3, telefoni cellulari e computer portatili.

Non si tratta di un’idea assolutamente nuova, ma lo spessore ridottissimo di queste fuel cell (0,3 centimetri) le pone all’avanguardia della ricerca in questo campo.

Caratteristiche tecniche? Ogni singola cella è in grado di provvedere 0,9 watt di potenza a 0,5 volts.

Presto quindi niente più cavi di alimentazione e tanto meno batterie tossiche da smaltire.

MyFC sostiene che questa nuova cella consentirà di eliminare dai congegni elettronici componenti come la ventola e la pompa di raffreddamento, abbassando così i costi di produzione.

Il prodotto però non è ancora in commercio ma, dicono dalla Svezia, arriverà presto.

Fin qui tutto bene, ma a me rimane sempre il solito dubbio ogni volta che si parla di idrogeno. Sì, perché le celle saranno alimentate a idrogeno e come sapete l’idrogeno si ottiene per elettrolisi dell’acqua.

Ora, l’elettrolisi è un processo nel quale il passaggio di corrente elettrica causa la decomposizione dell’acqua in ossigeno e idrogeno gassosi. Ma se io devo usare corrente elettrica per ottenere corrente elettrica il rischio è che il bilancio energetico risulti alla fine negativo.

Ecco ciò che mi piacerebbe sapere dagli amici svedesi. A parità di energia prodotta dalle celle quanta ne è stata utilizzata per ottenere il suddetto idrogeno. Questa è una curiosità che, una volta svelata, mi farebbe ricredere sull’utilizzo di questo vettore energetico.

Che ne pensate di questa idea sviluppata da uno studente di architettura dell’Arizona? Sfruttare le autostrade per produrre energia eolica, sistemando gli impianti (come si può vedere nell’immagine) su strutture simili a quelle dove ora è posta la segnalatica stradale. Secondo Joe infatti, si potrebbe sfruttare il movimento dell’aria provocato dal passaggio delle autovetture e ogni singolo impianto, composto di due turbine, sarebbe in grado di produrre 9600 Kwh di energia all’anno, sufficiente per il fabbisogno di circa 700 appartamenti. E immagino che nessuno oserà lamentarsi, in questo caso, dell’impatto paesaggistico delle turbine… Via Inhabitat.

Aggiornamento: Come ci ricorda Luca il progetto assomiglia un po’ a quello di Luigi Castagna di cui parlammo tempo fa.